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Restaurato il fercolo di San Giuseppe. Storia di un simbolo sacro per la comunità santagatese

Presentato domenica scorsa alla Chiesa Madre di Sant’Agata Militello il nuovo fercolo processionale restaurato di San Giuseppe. All’appuntamento erano presenti numerosi fedeli, gli appartenenti al Comitato Festa di San Giuseppe insieme al Parroco Don Daniele Collovà, al maestro restauratore Gaetano Caruso che ha curato i lavori con alcuni artigiani locali che hanno contribuito all’opera di sistemazione della vara del Santo Patrono. Presenti quindi Don Stefano Brancatelli direttore dell’Archivio Storico Diocesano di Patti, che ha proposto un’interessante relazione sulle origini del fercolo ed il sindaco di Sant’Agata Militello Bruno Mancuso. A conclusione dell’evento, accompagnato dai canti della corale Lorenzo Perosi,  il momento solenne della traslazione del simulacro di San Giuseppe Santo Patrono sul fercolo col quale sarà condotto in processione per le vie del centro santagatese in occasione della festa solenne del 19 marzo.

Proponiamo di seguito il resoconto di Salvatore Bonina, direttore della corale e coordinatore del comitato stesso della festa di San Giuseppe, sui passaggi che hanno portato al restauro del fercolo, e la relazione di Don Stefano Brancatelli sulla storia della vara stessa.

IL RESTAURO

Il fercolo processionale di San Giuseppe patrono di sant’agata militello è stato realizzato nella seconda metà del 1800. Nel corso di un secolo e mezzo ha subito diversi rimaneggiamenti e sedicenti interventi di restauro che ne hanno compromesso il colore originario e la stabilità strutturale. Dopo diversi anni di raccolta di fondi da
parte del comitato festa e grazie all’intervento di numerosi cittadini che hanno dato il proprio
contributo personale, dopo aver ottenuto il nulla osta della Curia di Patti e della Soprintendenza ai Beni
Culturali e ambientali di Messina, nel marzo del 2022 sono iniziati i lavori di restauro eseguiti dal signor Gaetano Caruso restauratore di opere d’arte.

La vara processionale è stata interamente smontata nelle diverse parti per essere trasportata nel laboratorio dell’artista a Viagrande di Catania dove è stata sottoposta a tutti gli interventi occorrenti al rifacimento di ogni singola parte. Nell’agosto dello stesso anno è stata riconsegnata alla comunità santagatese. Oggi il fercolo si presenta così come lo hanno visto nel 1800. Inoltre sono state apportate delle sostanziali modifiche al carrello per renderlo più sicuro e garantire la stabilità della vara. E’ stato interamente rifatto l’impianto elettrico a led che ne esalta i colori e le forme architettoniche.

LA STORIA

Sparute sono le notizie che conosciamo riguardo alla realizzazione del fercolo di San Giuseppe di Sant’Agata Militello. La testimonianza più antica ci è fornita dal basamento della medesima vara che reca un’epigrafe con scritto “Per divozione di Andrea Salvo e compagni”. L’arciprete Zappalà nel suo pro-memoria titolato “Assistenza religiosa ai primi abitanti della spiaggia Sant’Agata e poi del Comune di Sant’Agata Militello” aggiunge che la vara è stata realizzata a Trapani e definisce ilSalvo “padrone”. Ma chi era questo Salvo, come mai operava a Trapani e quando venne realizzata la vara? Nel gergo mercantile, il titolo di “padron” veniva dato ad un armatore, proprietario di una flotta pescareccia.

Riguardo alla datazione della vara, le fonti presenti nell’Archivio storico diocesano di Patti attestano la presenza della festa in onore di San Giuseppe già il 28 dicembre 1846, ma occorre aspettare il 19 marzo 1868 a che la statua del santo venisse portata solennemente in processione nella chiesa nuova. Solo in quell’occasione o comunque nei primi anni Settanta del secolo venne realizzato l’artistico fercolo neoclassico con quattro colonne corinzie e trabeazione con fregi floreali aperta davanti e coronata da una splendida corona. L’inventario dei beni parrocchiali del 1877 ne attesta la presenza e sottolinea che è stato realizzato “ad opera e spese di Andrea Salvo”. Nulla sappiamo della bottega trapanese di esecuzione, ma possiamo ricostruire la vicenda del suo acquisto in quanto le fonti epistolari ci dicono che Andrea Salvo era solito recarsi sistematicamente in Algeria per i suoi affari commerciali. Scopriamo quindi dagli Atti del Comitato dell’inchiesta industriale, titolati Commerci ed industrie dell’Italia all’estero ed editi dallaTipografia Barbera a Roma 1874, che Andrea Salvo era un industriale santagatese che commerciava in Algeria nell’attività della salatura del pesce.

Le navi della compagnia di Andrea Salvo partivano da Sant’Agata, facevano tappa a Trapani nelle cui saline acquisivano il sale, per poi dirigersi in Algeria per la salatura del pescato. Qui, e in particolare nei porti di Stora, prima, e poi di Collo, in provincia di Skikda o come si appellava allora Philippeville, l’impresa del Salvo col concorso di una casa maltese aveva istituito delle officine dove lavoravano operai indigeni e provenienti dalla Sicilia.

Come spesso avviene, la ricerca storica indirizzata ad un fine specifico come la realizzazione di un manufatto artistico ha permesso di scoprire altresì uno spaccato di storia dell’industria siciliana: la stampa del tempo attesta che “tra le industrie esercitate da Italiani (in Algeria), una sola merita speciale menzione siccome quella che dà luogo a transazioni commerciali marittime di grande momento con l’Italia: l’industria della salagione del pesce. Essa è a Philippeville un’industria di data recente. Era di dimensioni assai modeste e sopperiva appena al consumo locale, quando essa ebbe impulso e sviluppo da una Società dovuta all’iniziativa di un patrono siciliano, Andrea Salvo e formatisi di capitalisti e capitani marittimi di Sicilia”. L’aggiunta«e compagni» nell’epigrafe lignea del fercolo attesterebbe, oltre alla meritoria donazione di un filantropico mecenate santagatese, un atto collegiale che forse avrà riguardato l’internazionale attività commerciale allora florida.

Don Stefano Brancatelli – Direttore dell’Archivio storico diocesano di Patti

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