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Il bambino comprato. Gli arrestati ed i retroscena della triste storia

Tre persone agli arresti domiciliari ed obbligo di dimora per altre sette. E’ questo il bilancio dell’operazione “Copil”, condotta dai Carabinieri del Comando Provinciale di Messina. Al centro dell’inchiesta la compravendita di un minore da parte di una famiglia di Castell’Umberto per cui, lo scorso 24 febbraio, c’è già stato il fermo di 8 persone e l’affidamento ad una struttura protetta di un minore di nazionalità rumena. Stamani sono stati raggiunti dall’ordinanza di applicazione degli arresti domiciliari, emessa dal Gip Maria Militello, Calogero Conti Nibali, 57anni, di Castell’Umberto, Lorella Maria Conti Nibali, 47anni, e Bianca Capillo, 56anni, nata a Messina.
CONTI NIBALI CALOGEROI tre sono accusati in concorso di riduzione in schiavitù, tentate false attestazioni a Pubblico Ufficiale sulla identità personale, falsità materiale commessa in atti pubblici, supposizione di stato di un fanciullo e violenza privata, con l’aggravante del metodo mafioso.
Obbligo di dimora per:
– Aldo Galati Rando, 54anni, di Tortorici (violenza privata con l’aggravante mafiosa)
– Silvana Genovese, 49anni, di Messina  (violenza privata con l’aggravante mafiosa)
– Vincenzo Nibali, 47anni,  di Patti,           (violenza privata con l’aggravante  mafiosa)
– Maurizio Lucà, 44anni, di Messina,       (riduzione in schiavitù, reato tentato di false attestazioni a Pubblico Ufficiale sulla identità personale e falsità materiale commessa da P.U. in atti pubblici)
– Pietro Sparacino, 50anni, di Messina,  (riduzione in schiavitù, reato tentato di false attestazioni a Pubblico Ufficiale sulla identità personale e falsità materiale commessa da P.U. in atti pubblici)
-Sebastiano Russo 41anni  di Cardeto (Rc),  (riduzione in schiavitù, reato tentato di false attestazioni a Pubblico Ufficiale sulla identità personale e falsità materiale commessa da P.U. in atti pubblici).
Una decima persona risulta allo stato attuale irreperibile.

– LE INDAGINI –
Le indagini, dirette dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, pm Maria Esmeralda Pellegrino e Liliana Todaro, e condotte dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Messina, hanno svelato  l’esistenza di un disegno criminale molto articolato e ben strutturato, nato nel 2008 con una serie di false attestazioni e certificazioni, tutte tese a far figurare una nascita inesistente nei registri dello stato civile del comune di Castell’Umberto, e sviluppatosi negli anni a seguire con una serie ininterrotta di tentativi di compravendita di bambini, per i quali i coniugi avrebbero complessivamente speso oltre 150.000 euro.
CONTI NIBALI LorellaLe investigazioni hanno messo in luce l’estrema propensione dei soggetti coinvolti a commettere reati di qualsiasi tipo pur di ottenere lo scopo illecito prefissato e di accaparrarsi il denaro che i coniugi erano disposti a pagare. Allarmante, inoltre, è apparsa la spregiudicata capacità criminale a vario titolo dimostrata dagli indagati. Gli stessi, di fronte a varie difficoltà, non hanno esitato a rivolgersi a persone che sapevano essere contigui alla criminalità organizzata locale, le quali, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dall’appartenenza all’associazione mafiosa ed evocando rapporti con noti pregiudicati, hanno costretto, forse sotto la minaccia di armi, Bianca Capillo e Pietro Sparacino a rivelare le informazioni necessarie a rintracciare la donna.

 – LA STORIA –
I coniugi Calogero e Lorella Conti Nibali, dopo la nascita di una figlia affetta da gravi disabilità ed una serie di aborti, sin dal 2008 si fossero rivolti a più soggetti senza scrupoli, che,  in cambio di cospicui esborsi di denaro contante, avrebbero dovuto reperire e consegnare loro un bambino maschio, al quale sarebbero state attribuite le generalità di Carmelo Luca Conti Nibali. Per questo, nel Gennaio 2008, la madre, con la complicità di Bianca Capillo, aveva fatto figurare la nascita, in realtà inesistente, mediante false certificazioni e false dichiarazioni all’ufficiale dello Stato Civile del comune di Castell’Umberto. Nel mese di Novembre dello scorso anno, i Carabinieri del Nucleo Investigativo, indagando sul conto di Maurizio Lucà, sottoposto alla semi libertà, scoprirono un vasto giro di contatti tra Bianca Capillo, Pietro Sparacino, lo stesso Lucà e Sebastiano Russo, che, con la complicità di Ugo Ciampi, avevano reperito un minore italiano che, unitamente alla propria madre ed a fronte di un anticipo di 30.000 euro, si era trasferito a Castell’Umberto presso l’abitazione dei coniugi Conti Nibali. Dopo qualche giorno, tuttavia, la madre del bambino, forse in preda al rimorso , aveva deciso di allontanarsi con il figlio da Castell’Umberto e rientrare a Messina, proprio mentre i Conti Nibali si erano recati in Svizzera, dove sono residenti, per prelevare il denaro contante necessario a concludere la compravendita.
CAPILLO BIANCAA quel punto, il cognato Vincenzo Nibali si attivava per il recupero del denaro mettendosi in contatto con Aldo Galati Rando, che in alcune trasferte a Messina ha incontrato la Capillo e Lucà proprio per perorare la causa dei coniugi e pretendere che le stesse persone che avevano procurato il bambino rintracciassero la madre e Russo e li costringessero a restituire il denaro ricevuto come anticipo.  Nella trattativa entrano quindi in scena Silvana Genovese e Placido Villari, che, secondo la ricostruzione degli inquirenti, con modalità mafiose hanno costretto Capillo e Sparacino a rivelare loro informazioni e notizie che hanno utilizzato per cercare di rintracciare la madre del bambino. Nel frattempo i coniugi Conti Nibali avevano già ottenuto il rilascio dal comune di Castell’Umberto di una carta di identità riportante l’effigie del minore che stavano per acquistare e le generalità del fantomatico figlio, Carmelo Luca. Nell’estremo tentativo di camuffare la vicenda, i Conti Nibali hanno pensato di simulare la morte per malattia del figlio mai esistito, con tanto di funerale e  cremazione. Anche per tale macabro scopo si è mossa la stessa Capillo che, a fronte di un ulteriore esborso di denaro e millantando la conoscenza di alcuni medici compiacenti, avrebbe dovuto procurare le certificazioni mediche necessarie ad attestare il decesso per malattia del fantomatico bambino ed avrebbe dovuto provvedere alla messa in scena del funerale, con tanto di funzione religiosa, corteo funebre e cremazione della salma. Nonostante ciò, la ricerca del bambino non si interruppe, tant’è che i coniugi Conti Nibali consegnavano 30 mila euro a Franco Galati Rando incaricandolo di reperire in Romania un nuovo bambino. Questi,  sfruttando i suoi contatti in quel paese e la miseria di una numerosa ed indigente famiglia rumena, è riuscito in effetti a procurarsi un bambino convincendo i familiari a venderlo e corrompendo alcuni funzionari rumeni affinché venissero rilasciati i documenti che avrebbero permesso al bambino di attraversare le frontiere.  A questo punto, gli inquirenti hanno deciso di intervenire per evitare che il minore rumeno venisse consegnato agli acquirenti. I Conti Nibali avevano già pianificato, ottenuto il bambino, l’immediato rientro in Svizzera.  Il tutto si stava per concretizzare la sera del 24 Febbraio scorso quando sbarcavano a Messina Franco Galati Rando, Vito Calianno, un bimbo romeno di 8 anni insieme alla madre ed al fratello. Allo sbarco trovarono quindi i Carabinieri che sono intervenuti accompagnando il minore in una struttura protetta e sottoponendo a fermo di indiziato di delitto i quattro oltreché i coniugi Conti Nibali e la restante parte del gruppo di Castell’Umberto, Vincenzo Nibali e Aldo Galati Rando. Il reato contestato agli indagati coinvolti nella compravendita del minore rumeno, era quello di riduzione in schiavitù del bambino che era stato mercificato alla stessa stregua di una cosa. I provvedimenti di fermo, convalidati dal Gip e tradotti in ordini di custodia cautelare, adottati dagli inquirenti in via d’urgenza proprio per impedire che il minore straniero venisse venduto e fatto espatriare in Svizzera, ha riguardato unicamente gli indagati coinvolti nella compravendita del bambino rumeno.  Gli indagati, quindi, hanno proposto a mezzo dei loro legali ricorso al Tribunale del Riesame che il 16 marzo ha disposto la scarcerazione di RADULESCU Ionel Robert, fratello maggiore del bambino ceduto, perché ritenuto estraneo alla vicenda ed il 23 aprile 2015 si è pronunciato riqualificando i fatti contestati nel reato tentato di false attestazioni a Pubblico Ufficiale sulla identità personale, ed ha applicato ad alcuni indagati la misura cautelare degli arresti domiciliari mentre ad altri quella dell’obbligo di dimora. Il provvedimento cautelare eseguito oggi ha raggiunto gli autori di condotte che si differenziano nettamente, dal punto di vista oggettivo ed in parte anche soggettivo, da quelle esaminate con riferimento alla compravendita del minore rumeno.

 

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