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Sequestrato patrimonio da 3,5 milioni di euro all’imprenditore Antonino Smiriglia

Sequestro beni per complessivo 3,5 milioni di euro condotto dalla Dia di Messina nei confronti dell’imprenditore santagatese Antonino Smiriglia. Il provvedimento ha colpito  6 aziende operanti nel settore della produzione di calcestruzzo, costruzioni di edifici residenziali, civili e industriali, estrazione cave, frantumazione di pietre e materiali vari, 4 fabbricati (di cui una villa),  7 terreni,  2 mezzi e vari rapporti finanziari.  Il noto imprenditore 53enne è ritenuto legato alla “famiglia mafiosa di Mistretta”, il cui esponente di vertice era l’ormai deceduto  Sebastiano Rampulla, “rappresentante di Cosa Nostra” per l’intera provincia di Messina e fratello di Pietro, quest’ultimo condannato all’ergastolo dalla Corte di Assise d’Appello di Caltanissetta poiché ritenuto “l’artificiere” della strage di Capaci.. Smiriglia,  pur essendo destinatario, nel tempo, di svariate investigazioni giudiziarie di competenza di più distretti giudiziari – tra le quali OMEGA, SCIPIONE, DIONISIO, AUTOSTRADA e MONTAGNA – non ha mai subito provvedimenti di condanna per reati associativi o connessi agli ambienti della criminalità organizzata. Ciò nonostante, gli atti d’indagine svelano la figura del precitato quale imprenditore concretamente legato alla criminalità organizzata attiva prevalentemente nell’area Nebroidea e Barcellonese, ed in particolare alla “famiglia di Mistretta” influente lungo la fascia costiera tirrenica. In forza di tali legami affaristici il proposto avrebbe ottenuto, attraverso le sue imprese, commesse pubbliche i cui introiti, avrebbero, in parte, rimpinguato le tasche di “Cosa Nostra”.

E’ stato documentato come  sia stato sempre vicino a contesti criminali associativi partecipando, anche direttamente,  a summit mafiosi, essendo – di fatto – un riferimento importante per diverse consorterie criminali espressioni locali messinesi di Cosa Nostra.  Allo stato, Smiriglia figura imputato in procedimenti penali, pendenti presso la Procura della Repubblica di Patti, per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale in ordine a contesti societari nella sua disponibilità. L’odierna misura ablativa scaturisce da una complessa attività d’indagine economico patrimoniale condotta da questo Ufficio che ha permesso, con l’avallo del locale Tribunale, di dimostrare l’evidente incapienza dei redditi dichiarati dell’intero nucleo familiare del proposto, dal padre Salvatore e dei fratelli Angelo e Carlo, in raffronto a tutto il patrimonio accumulato nel tempo, nella disponibilità posseduto anche attraverso la costituzione di contesti societari creati ad hoc.

 

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